Quando si parla di sicurezza, il pensiero corre subito alle forze dell’ordine. Ma in Italia esiste anche un altro presidio, meno visibile ma fondamentale: un “esercito silenzioso” di uomini e donne in divisa che ogni giorno, spesso nel buio della notte o nei momenti in cui gli altri riposano, vigila su beni, luoghi e infrastrutture del Paese. Sono le Guardie Particolari Giurate.
Autorizzate dallo Stato tramite decreto prefettizio, le GPG svolgono compiti di vigilanza armata e protezione dei beni, pubblici e privati. Non hanno il compito di tutelare direttamente l’incolumità delle persone – prerogativa delle forze di polizia – ma svolgono un ruolo decisivo nella prevenzione e nella deterrenza contro furti, danneggiamenti e reati contro il patrimonio. Ma certo non si può affermare che nel proteggere tanti luoghi e infrastrutture pubbliche non svolgano indirettamente anche un ruolo a tutela delle tante persone che ne fruiscono quotidianamente.
La loro professionalità nasce da una formazione rigorosa e da un aggiornamento continuo, che consente alle guardie giurate di essere un presidio solido e affidabile per aziende, istituzioni, infrastrutture critiche, grandi complessi e luoghi affollati. Una presenza costante, spesso in orari e situazioni in cui la presenza delle Forze dell’Ordine diviene meno capillare, contribuendo in tal modo a rafforzare nei cittadini una maggiore percezione di sicurezza.
In un momento in cui la sicurezza, anche nella sua dimensione strategica e nazionale, è tornata un tema centrale, domandarsi come valorizzare questo patrimonio professionale non è affatto fuori luogo e tantomeno fuori tempo. Le GPG lavorano là dove servono continuità, attenzione e prontezza: sorvegliano siti sensibili, proteggono patrimoni culturali ed economici, supportano – di fatto – la rete della sicurezza pubblica liberando risorse delle forze dell’ordine per compiti più propriamente istituzionali e delicati, in alcun modo demandabili agli operatori privati.
Non sono dipendenti dello Stato, ma professionisti della vigilanza privata, eppure ricoprono responsabilità importanti come “incaricati di pubblico servizio” e, in alcuni casi, come “agenti ausiliari di pubblica sicurezza”. Nel momento del bisogno – durante emergenze, crisi, situazioni eccezionali – potrebbero diventare un vero moltiplicatore della capacità di protezione del Paese. Ricordiamo, sembra oramai passato un secolo, il ruolo fondamentale che svolsero nel garantire i servizi essenziali ai cittadini nel corso di quella emergenza nazionale e mondiale che fu la pandemia da Covid-19, sempre esposti in prima linea.
Per questo è giusto riconoscerne il ruolo. Non come “vigilanti di serie B”, ma come una componente reale, concreta e ormai indispensabile della sicurezza quotidiana. La, per certi versi romantica, immagine della guardia giurata che in bicicletta percorre di notte le strade cittadine è da tempo sostituita da professionisti che operano con le più avanzate tecnologie, supportati da centrali operative che nulla hanno da invidiare a quelle delle Forze dell’Ordine.
E sarebbe un imperdonabile spreco di risorse professionali non valorizzare adeguatamente il settore, proprio mentre il governo – come ricordato di recente dal ministro Crosetto – punta a rafforzare la sicurezza del Paese anche sul fronte cyber. La protezione del digitale, infatti, non passa soltanto dai computer: richiede anche difesa fisica di data center, server, infrastrutture della PA, nodi di rete e cloud pubblici. Le GPG, se adeguatamente formate e certificate, potrebbero diventare un tassello essenziale di questa catena, garantendo continuità e protezione 24 ore su 24.
Il punto è semplice: le guardie particolari giurate non sostituiscono lo Stato. Lo affiancano. Lo rendono più forte. Sono già operative, già formate, già radicate sul territorio. Valorizzarle significa aumentare, da subito, la resilienza del “sistema Paese” senza creare nuove strutture o moltiplicare costi.
E soprattutto significa riconoscere il lavoro di chi, ogni giorno, è pronto a fare la propria parte ancora una volta.

