di Maria Cristina Urbano
Un comparto che impiega circa 1 milione di lavoratori, genera oltre 70 miliardi di euro di valore economico e rappresenta fino al 50% delle gare pubbliche. Eppure, nel Codice dei Contratti Pubblici, sembra non esistere. Almeno non con la stessa dignità e tutela garantite al settore dei lavori pubblici
C’è un’Italia che lavora, silenziosa, spesso nascosta dietro sigle e subappalti, che però tiene in piedi la quotidianità del Paese. È l’Italia dei servizi: un comparto che impiega circa un milione di lavoratori, genera oltre 70 miliardi di euro di valore economico e rappresenta fino al 50% delle gare pubbliche. Eppure, nel Codice dei Contratti Pubblici, questa Italia sembra non esistere. Almeno non con la stessa dignità e tutela garantite al settore dei lavori pubblici.
C’è un’Italia che lavora, silenziosa, spesso nascosta dietro sigle e subappalti, che però tiene in piedi la quotidianità del Paese. È l’Italia dei servizi: un comparto che impiega circa un milione di lavoratori, genera oltre 70 miliardi di euro di valore economico e rappresenta fino al 50% delle gare pubbliche. Eppure, nel Codice dei Contratti Pubblici, questa Italia sembra non esistere. Almeno non con la stessa dignità e tutela garantite al settore dei lavori pubblici.
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Il 23 dicembre 2024, con l’approvazione del decreto correttivo al Codice, è emersa con forza una disparità che il settore non è più disposto a tollerare. Mentre per i lavori pubblici la soglia per l’attivazione della revisione prezzi è stata abbassata dal 5% al 3%, con il riconoscimento del 90% dei costi eccedenti, per i servizi tutto è rimasto invariato: soglia al 5% e riconoscimento limitato all’80%. Una differenza apparentemente tecnica, che però ha un impatto devastante su un settore dove la voce lavoro incide anche oltre l’80% dei costi aziendali.
Senza una modifica urgente, l’Italia rischia il blocco di funzioni vitali per scuole, ospedali, uffici pubblici e strutture assistenziali.
Durante una conferenza stampa alla Camera, le associazioni promotrici del Manifesto dell’Economia dei Servizi – tra queste ASSIV – hanno illustrato i rischi concreti derivanti dall’attuale quadro normativo: incapacità di riequilibrare i contratti in corso, impossibilità di adeguare i salari, tenuta economica delle imprese messa a repentaglio.
Il Manifesto, consegnato ai rappresentanti istituzionali, è un documento programmatico che individua una serie di interventi urgenti:
– Parificazione delle soglie di revisione prezzi tra lavori e servizi
– Obbligatorietà delle clausole di revisione nei contratti a esecuzione continuativa
– Inserimento di ponderazioni specifiche per i servizi nel decreto correttivo
– Costituzione di un intergruppo parlamentare che coinvolga rappresentanti di maggioranza e opposizione
– Costituzione di un dipartimento dedicato presso un Ministero competente
– Attivazione di un tavolo di monitoraggio presso il MIT
– Creazione di un fondo di sostegno per le amministrazioni meno dotate, per garantire l’equilibrio contrattuale
A fronte dell’iniziativa, un primo segnale di ascolto è arrivato dal Parlamento con la nascita dell’Intergruppo per gli Appalti nei Servizi, promosso dall’On. Erica Mazzetti (FI), sostenuto anche da On. Chiara Braga (PD) e On. Massimo Milani (FdI). È un passo importante che finalmente apre un canale stabile di confronto con le istituzioni.
Il settore però non si ferma: il prossimo appuntamento è fissato per il 19 giugno a Roma, quando le associazioni presenteranno nuove proposte operative e approfondiranno l’impatto delle norme esistenti. Ma il tempo stringe.
Dietro alle parole “servizi essenziali” ci sono attività che ogni cittadino incontra ogni giorno, senza forse rendersene conto: pulizia di scuole, ospedali, uffici pubblici; mense scolastiche; servizi di igiene urbana e smaltimento rifiuti; sanificazione e sterilizzazione di dispositivi medici; vigilanza; assistenza socio-sanitaria ed educativa. Attività che proseguono anche di notte, nei festivi, in piena pandemia, nei momenti più difficili.
La richiesta delle imprese non è di favore, ma di equità. Una riforma del Codice Appalti che non tenga conto di questo macro settore non solo ignora la realtà dei fatti, ma rischia di mettere in ginocchio una parte strategica del tessuto economico e sociale del Paese.
Non vogliamo più essere invisibili. Vogliamo essere riconosciuti per quello che siamo: indispensabili.
Leggi l’articolo sul blog di Maria Cristina Urbano sull’Huffington Post